Che cos’è la scrittura? La parola a chi scrive

Che cos’è per te la scrittura?

Una domanda che può sembrare banale ma che ha mandato in crisi molti appassionati di scrittura e scrittori già noti o affermati. Mi sono accorta che molti scrivono senza ragionare sul processo creativo in sé, su che cosa li muova. E attenzione: questa vuole essere solo una riflessione a posteriori scaturita dalla lettura e analisi dei contributi sulla scrittura che ho raccolto. Attraverso le parole dei molti che hanno voluto rispondere a questo quesito ha preso pian piano forma quello che definirei un “pezzo collettivo”.

A tutti voi qui citati va il mio sentito “grazie”. A tutti coloro che ho contattato e che per vari motivi non hanno avuto modo di rispondere va lo stesso un ringraziamento perché mi hanno dedicato un po’ del loro tempo con gentilezza.

Di Valeria Cudini

Mi piace partire da uno spunto che è arrivato proprio al momento giusto, ovvero quando stavo pensando all’architettura di questo pezzo. E per questo voglio ringraziare Elena Giorgi, la lettrice geniale per aver consigliato nelle sue Stories su Instagram (@lettricegeniale) la lettura di un Cahier di Annie Ernaux Scrivere è dare forma a un desiderio (Castelvecchi), un libricino (solo per dimensioni) uscito il 9 luglio che riporta una conversazione tra la Ernaux e Pierre Bras sulla sociologia e sugli scritti di Pierre Bordieu. Durante la chiacchierata la Ernaux riflette sulla letteratura e sul legame fra la scrittura e la propria esistenza. La letteratura a cui dà vita la Ernaux origina, secondo quanto lei stessa dice, dall’imprevedibilità «Nulla è deciso in anticipo, il libro viene costruendosi secondo la memoria» perché l’oggetto letterario è in costante fuga. Per questo per la Ernaux «scrivere è un dare forma al proprio desiderio, è il gusto di andare oltre, a tentoni, cercando di afferrare nella narrazione un reale ingovernabile. Scrivere, in fondo, significa sempre debordare, “delirare”, nel senso etimologico della parola, andare fuori pista».

Annie Ernaux – Scrivere è dare forma a un desiderio

Ho deciso di dare voce a tutti coloro per cui il desiderio di scrivere è sempre vivo, un desiderio che spesso diventa urgenza. E per cui è impossibile pensare di fare a meno di scrivere. Il tema della scrittura lo abbiamo già in parte affrontato con Barbara Garlaschelli che ci ha parlato del rapporto tra scrittura e corpo.

A differenza dell’idea che sin qui mi ero fatta, probabilmente sbagliando, per molti scrittori l’atto creativo, e quindi la scrittura, non si caratterizza come atto liberatorio, bensì si associa spesso alla sofferenza.

Ecco allora le testimonianze di scrittori a più livelli, da appassionati di scrittura creativa a scrittori che hanno appena pubblicato o che già pubblicano con una certa frequenza.

Luciano Sartirana, docente di scrittura creativa, editore delle Edizioni del Gattaccio e autore ci dice: «Penso di continuo, salto di palo in frasca tra le cose da fare adesso, il passato, il passato che andava cambiato in quel senso… Ogni tanto mi compare una scena, una situazione, un abbozzo di dialogo, qualcuno cui dovrei dire delle cose, qualcosa che mi piace o che detesto. Soprattutto che non capisco del tutto ma che sento abbia una direzione. Allora comincio a lasciarmi libere in testa le parole per dirlo, per dire tutto di quella scena anomala. Dura giorni. È affascinante e fastidioso, un pensiero che non se ne va. A un certo punto mi metto a scriverle e quel pensiero si distende, diventa una scena che si dipana una riga dopo l’altra. Un fatto, un dialogo, un oggetto. Scrivere mi è facile, ma non è tranquillo o sempre piacevole, perché spesso uso parole che non dicono proprio precisamente quello che ho in mente e allora inizio una lotta sorda, uno spiare sotto il letto, un confronto con decine di parole che potrebbero fare al caso. Fino a che non arriva, quella giusta. L’ultima volta ci ho messo una settimana per una parola, una sola; altre volte bastano pochi minuti. Alla fine ho descritto quella scena semi-onirica che mi si presentava in testa. E sono davvero contento, una grossa gioia averla circoscritta tutta con le mie parole. Anche se, a essere sincero, alla prima lettura non ne sono mai contento. Dopo qualche giorno, invece, mi sembra davvero notevole».

Per Luca Ricci, autore, tra gli altri, de Gli estivi (La Nave di Teseo) «la scrittura è la cosa in cui vorrei essere perfetto, sempre fallendo».

Per Stefano Corbetta di cui è appena uscito – il 27 agosto c.m. – il terzo romanzo La forma del silenzio (Ponte alle Grazie) «la scrittura è uno spazio e un tempo, l’espressione più autentica e radicale della nostra condizione umana: la solitudine. E in quel tempo e in quello spazio noi nasciamo e moriamo ogni volta, come l’eterno ritorno di una vita che non si arrende alla morte».

Elisabetta Gnone, ideatrice della serie a fumetti W.I.T.C.H. (The Walt Disney Company Italia) e scrittrice per l’infanzia delle serie Fairy Oak e Le storie di Olga (entrambe Salani editore)dice così:«per risponderle devo citare Astrid Lindber: “Scrivo per divertire il bambino che è in me”».

Per Francesco Vidotto, autore di libri di montagna da poco intervistato da #alpassocoitempi e uscito con il suo ultimo romanzo breve Il cervo e il bambino (Minerva Edizioni) in pieno lockdown, «la scrittura è la possibilità di riscattarmi, di mettere per iscritto attraverso i personaggi ciò che non sono riuscito a fare, a provare, gli amori che non sono riuscito a vivere».

Giuliana Facchini, autrice di libri per ragazzi e blogger de ilgiovanebrick da luglio in libreria con I segreti di Huck (Mimebù – Mimesis Edizioni) risponde così: «Scrivo romanzi e lo faccio per mestiere. Un mestiere creativo, in cui mi metto in gioco con tutto quello che so e che sono pur restando sempre ben fuori dai miei personaggi. La scrittura non deve essere un rifugio. Sono anche una lettrice, il rifugio lo trovo nella lettura. Condivido il pensiero della protagonista de La storia di Mina, di David Almond: “Scri-ve-re è por-ta-re a spas-so le pa-ro-le. Le pa-ro-le se-guo-no il rit-mo dei pas-si. I pas-si se-guo-no il rit-mo delle pa-ro-le».

Mattia Insolia, autore esordiente con Gli affamati (Ponte alle Grazie) uscito a inizio luglio, dice: «Per me la scrittura è parecchio simile al lavoro di un archeologo. Lo scrittore scava. Vanga alla mano, scende sempre più nel terreno che ha deciso di esaminare cercando i fossili di quei corpi che lì sotto ci sono già da tempo. Il suo compito è di riportare alla luce quei resti. Di andare in profondità, infilarsi nel ginepraio delle parole e, attraverso lo studio dei dettagli di quei mucchi d’ossa che rinviene infine, di raccontare la storia che hanno vissuto. Ecco. Questa per me è la scrittura, è ricerca».

Per Nicoletta Vallorani, scrittrice, insegnante, traduttrice e blogger de Il fatto quotidiano – l’ultimo romanzo uscito il 27 gennaio è Avrai i miei occhi (Zona 42) – «Viviamo tempi complicati e vite difficili. Circondati da recinti e paletti. Ci serve spazio libero, un territorio comanche nel quale liberarci. La scrittura è un atto di libertà. Il giorno in cui per me smetterà di esserlo, non scriverò più: però speriamo che quel tempo non arrivi».

Per Elena Mearini, narratrice, poetessa e conduttrice di laboratori di scrittura creativa – tra le tante pubblicazioni l’ultima è la cura del volume Tra Uomini e dei – Storie di rinascita e riscatto attraverso lo sport (Morellini Editore) uscito il 30 gennaio – «la scrittura nasce dall’assenza, scrivere è dare voce alla cosa che manca, farla dire e agire in uno spazio che diventa altro dal vuoto. Considero la scrittura come movimento continuo tra il dentro e il fuori, l’andata e il ritorno che si rincorrono e inseguono in una fatica fisica. Scrivere è un lavoro che riguarda le contrazioni e i sudori del corpo oltre che dell’anima».

Per Anna Martinenghi, poetessa e autrice, tra le tante pubblicazioni, di Sei troppo grande per capire certe cose (Edizioni del Gattaccio, 2017)«Non è semplice definire il proprio senso della scrittura, considerando i valori molteplici e gli usi differenti che facciamo dello scrivere nella nostra vita: molti per necessità, pochi per scelta. Ma è ciò che scegliamo a definirci. Se la scrittura fosse il menù di un ristorante stellato, lo scorrerei con minuzia, incantata dalle descrizioni evocative e tentata da ciò che non conosco, per poi tornare a scegliere ciò che mi piace davvero.

Credo che il senso vero non sta in ciò che scrivo, ma in ciò che cerco scrivendo (e per gemellanza diversa in ciò che leggo e per genitorialità di lettura e scrittura in ciò che vivo) cioè poesia, senza lettera maiuscola e senza aggettivo determinativo. Non un genere letterario, ma una visione precisa. Non una teoria, ma una pratica.

Torniamo a chiederci: “Quanta poesia c’è nella nostra vita?”, rendendola misura della nostra umanità. Certo, per produrre poesia (e questo gli antichi lo sapevano bene) dobbiamo costruire le condizioni necessarie, la stabilità di una Nazione, le sue basi di civiltà e di cultura, di stabilità economica. In questo modo scegliere poesia diventa una scelta anche e soprattutto politica».

Anna Di Cagno, giornalista, autrice e autrice del blog Molly Brown, ha recentemente pubblicato insieme a Elena Mearini e Paola Mammini Lettere d’amore per uomini imperfetti (Cairo Editore, 2019)dice: «prima che una scrittrice, io mi considero una lettrice. Leggere i grandi capolavori della letteratura, abbandonarsi alla scrittura di chi ha saputo raccontare la vita, quella con la V maiuscola, è una delle esperienze più intense che si possano vivere. Credo quindi che se dovessi dare una definizione precisa di scrittura direi che la scrittura è abbandono. Chi legge (e chi scrive) deve spogliarsi di ogni certezza. Solo così può sperare di trovare qualcosa di sé di nuovo e di prezioso».

Per Giusi D’Urso, appassionata lettrice, scrittrice di romanzi (Il bene tolto, Felici 2009), racconti e autrice del blog #secondapelle: «Per me la scrittura non è una cosa straordinaria. È me. Come il mio carattere, i miei difetti e le mie paturnie. Non riesco a definirla, tanto è mescolata e intrecciata a me. Non è una cosa che sta al di fuori, che guardo e definisco».

Per Milena Fantoni, appassionata di scrittura, ideatrice e caporedattore di Fernweh «la scrittura è liberatoria, perché quando scrivo tutte le emozioni negative è come se andassero in stand-by e nel momento stesso in cui scrivo ritorno alla serenità. Quindi liberatorio in quanto tutte le emozioni si spostano dalla mente alle righe della pagina in cui scrivo».

Per Clizia Mangano, appassionata lettrice, scrittrice e bookblogger «la scrittura è un atto primordiale, l’unica cosa che non ho mai smesso di fare. È come camminare, qualcosa di necessario. È un impegno costante, una sfida. La vera bellezza inizia quando ti chiedono di più, perché è lì che ti innamori davvero di essa».

Per Anna Alonge, scrittrice di racconti esistenzialista, «la scrittura è uno strumento per conoscermi meglio. Scrivo racconti di vita vissuta e non che riflettono sui temi dell’esistenza, sulle passioni, sulle relazioni, sui sentimenti e sul gusto. Amo inserire nei racconti anche i sogni, che a volte mi offrono le chiavi di sviluppo per le storie dei personaggi, spesso a metà tra realtà e finzione».

E per scrittori monumentali come questi qui di seguito che cos’è l’atto creativo della scrittura? Leggiamo insieme alcune citazioni illuminanti in questo senso.

Scrivere bene è sempre nuotare sott’acqua e trattenere il fiato.
(Francis Scott Fitzgerald)

Non c’è niente di speciale nella scrittura. Devi solo sederti davanti alla macchina da scrivere e metterti a sanguinare.
(Ernest Hemingway)

Sono stato tutta la mattina per aggiungere una virgola, e nel pomeriggio la ho tolta.
(Oscar Wilde)

Bisogna prendere speciali precauzioni contro la malattia dello scrivere, perché è un male pericoloso e contagioso.
(Abelardo, Lettere a Eloisa)

Essere uno scrittore è un tipo di lavoro molto particolare: sei sempre tu contro un foglio di carta bianco (o uno schermo bianco) e molto spesso vince il pezzo di carta bianco.
(Neil Gaiman)

Post Author: Valeria Cudini

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