SITUAZIONE IN IRAN: INTERVISTA A VIRGINIA PISHBIN

Oggi intervistiamo Virginia Pishbin, sostenitrice e simpatizzante della Resistenza iraniana e membro dell’associazione Giovani iraniani residenti in Italia. Avevamo già parlato con lei e ci aveva illustrato il pugno duro del nuovo Presidente verso il dissenso. Non ha esitato, purtroppo, a mostrarlo a poco più di un anno dalla sua elezione dopo le proteste per la morte di Mahsa Amini

di Alessandro Delfiore

Virginia Pishbin: Vorrei ringraziarvi per lo spazio che mi date, perché da molti anni avete sempre offerto la possibilità di far sentire i dissidenti iraniani, seguaci del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana, fortemente e ripetutamente osteggiata e combattuta anche da coloro i quali hanno, in questi anni, portato avanti una odiosa politica di accondiscendenza verso il regime dei mullah.

Il forte scalpore che ha suscitato ora l’ondata di manifestazioni in Iran non mi stupisce ma desta in me preoccupazione sulla possibilità che l’ala moderata (contraddizione in termini visto che la teocrazia non possiede un volto moderato) e molti “rivoluzionari dell’ultima ora” possano cavalcare la furia popolare e cercare di “rubare” la rivoluzione.

INTERVISTA

Chi era Mahsa Amini?

Una giovane donna del kurdistan iraniano di 22 anni, colpevole di essere “mal velata” cioè non indossare appropriatamente l’hijab ossia il velo obbligatorio, lasciando delle ciocche di capelli visibili; atteggiamento intrinsecamente rivoluzionario che le donne hanno sempre adottato in Iran nonostante il costante controllo della famigerata “polizia morale” che ha represso con forza chi si macchiava di questo reato. Il significato che ha acquisito questa ennesima repressione portando alla morte della ragazza è stato l’innesco per una richiesta unitaria delle folle iraniane in oltre 150 città in tutto il Paese: basta con la violazione dei diritti umani in Iran.

Dalla protesta per il velo, si è passati alla richiesta di più libertà fino a inneggiare alla caduta della Repubblica Islamica. Raccontaci cosa sta accadendo in Iran.

Se l’omicidio di Mahsa Amini, sotto custodia della cosiddetta “polizia morale”, ha dato il via alle proteste, sin dal primo giorno le richieste della folla chiedevano il rovesciamento del regime nella sua interezza. Ecco alcuni degli slogan:

“Morte al Dittatore”, “Morte a Khamenei”, “Ucciderò chiunque abbia ucciso mia sorella”, “Khamenei è un assassino, il suo governo è illegittimo”, “Morte al tiranno, che si tratti dello scià o della guida Suprema”, “Combatteremo, moriremo, ma ci riprenderemo l’Iran”, o “Professore, studenti uniti, lo studente imprigionato deve essere liberato”.

La moltitudine di iraniani che si sono riversati per le strade sta chiedendo chiaramente la caduta del regime dei mullah, per i conservatori quanto per i riformisti non c’è più gioco, il popolo vuole la fine della repressione di stampo fondamentalista e la liberazione dei prigionieri politici a costo della vita. La partecipazione alle manifestazioni ora, oltre a un numero mai visto prima, vede una rappresentanza popolare composita, non più solo donne e giovani ma la presenza trasversale di tutte le fasce della popolazione. Non è infatti solo la classe media, accanto al professore universitario e allo studente, i lavoratori, uomini e donne, tutto il popolo rappresentato, comprese le classi più svantaggiate erroneamente ritenute la base sociale del regime, così come la classe media e gli intellettuali sono tutti uniti nel chiedere il rovesciamento (sarnegooni). La preoccupazione crescente per il regime di giovani donne alla guida delle contestazioni. Le minoranze etniche insieme a una massiva presenza nella stessa capitale a differenza delle molteplici manifestazioni del passato.

Le proteste sembrano partite dal Kurdistan iraniano, terra di origine di Mahsa, ma si sono allargate a tutto il Paese. Il Kurdistan potrebbe diventare una tra le sedi della rivolta?

Il Kurdistan come promotore? Sicuramente la famiglia di Mahsa viveva a Teheran, ma nel momento in cui ci sono stati i funerali della ragazza sono stati motivo di ulteriore rivolta. E sì, certamente possiamo dire che il popolo curdo in Iran, come negli altri Stati in cui i curdi sono presenti, ha sempre subito una dura repressione da parte delle squadre dei guardiani della rivoluzione islamica. Ma sicuramente le manifestazioni si sono diffuse a macchia d’olio in tutte le 31 regioni del Paese.

Il presidente Raisi ha promesso un’inchiesta sulla Polizia religiosa che è responsabile dell’omicidio di Mahsa Amini secondo diversi testimoni. Si levano le proteste soprattutto verso questo organo definito anche dall’Ayatollah iraniano Bayat-Zanjani “un organismo illegale e anti-islamico, ma anche illogico.” Si arriverà a una modifica di questa forza di Polizia?

Come ben hai ricordato abbiamo parlato a lungo di Ebrahim Raisi e della sua nomina a presidente della repubblica islamica da parte di Ali Khamenei, il leader spirituale supremo. La contestazione della folla in tutte le città non risparmia nessuno dell’entourage dei mullah, qualsiasi inchiesta sarebbe quindi fittizia e minerebbe ulteriormente la già traballante stabilità del fascismo religioso. Piuttosto ricordiamo che già nel 2019 quando nel novembre sono rimasti uccisi oltre 1500 manifestanti, ci sono stati 12.000 arresti e Raisi all’epoca era il capo della magistratura.

Che cosa chiedono i manifestanti? Perché il regime ha tanta paura dei social e della cultura tanto da arrivare ad arrestare Jafar Panahi, regista pluripremiato, vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2015 e di diversi premi a Cannes?

Le richieste delle manifestanti sono chiare, il regime in toto è stato ritenuto responsabile di tutte le violazioni dei diritti umani e della brutale repressione di questi giorni, ma dobbiamo pensare che il numero salirà notevolmente. Il regime tende, come nelle precedenti manifestazioni del 2017 e 2019, a oscurare Internet per poter reprimere meglio. Migliaia di arrestati che in queste ore staranno subendo terribili torture e in molti casi verranno condannati all’esecuzione capitale. In una condizione generale di tale portata non possiamo pensare che ci possano essere aperture verso le istanze del popolo, il regime non è riformabile, e questo viene ripetutamente dimostrato. Qualsiasi apertura del regime può essere una breccia per la sua inevitabile distruzione per cui il regime che con Ebrahim Raisi raggiunge il suo massimo oltranzismo e la sua faccia più reazionaria possibile.

Perché il governo iraniano ha tanta paura delle donne e non vuole concedere loro la giusta libertà?

La misoginia legalizzata è sicuramente una parte peculiare della repubblica islamica che nelle donne, forza del cambiamento vede uno dei nemici principali, così come per la cultura che si discosta da ciò che per loro è ammesso dalla sharia, una interpretazione distorta della religione e un uso criminale dei precetti islamici decontestualizzati.

La morte di Hadis Najafi getta ancora più ombre sulla brutalità della repressione della protesta. Perché tanta durezza nei confronti dei manifestanti?

Hadis Najafi, la ventenne uccisa nelle manifestazioni, purtroppo non è la sola ma chiaramente è un esempio della brutalità del regime che in tutti questi anni ha sempre mostrato la sua natura fortemente crudele e criminale nel reprimere qualsiasi tipo di protesta e rivolta, così come, una volta reclusi, nelle prigioni avvengono torture inimmaginabili e violenze sessuali per rompere il silenzio dei prigionieri e delle prigioniere politiche.

Che cosa pensi accadrà nei prossimi giorni? Ci sarà solo repressione o anche apertura alle richieste dei manifestanti?

C’è un’onda che dall’interno dell’Iran si sta propagando a tutto il mondo e non è destinata a spegnersi, anche perché da due anni, all’interno del Paese, stanno operando le cosiddette Unità di Resistenza, gruppi di persone affiliate al MEK (Mujahedin e Khalq), persone comuni, studenti, lavoratori integrati nella società (non sono forze clandestine). Dal 2014 operano all’interno del Paese organizzando manifestazioni e atti rivoluzionari, quali incendi dei centri di repressione del regime, ampiamente odiati da tutti. Hanno innescato e diffuso lo spirito di resistenza e la capacità di opporsi al regime e alle sue forze repressive tra le giovani generazioni. Questi nuclei di rivolta sono attivamente presenti, assicurano che le proteste siano sostenute e organizzate in tutte le manifestazioni. Gli slogan, infatti, sono gli stessi in tutto il Paese, elemento che determina il carattere organizzato delle rivolte. Negli ultimi anni centinaia di membri delle Unità di Resistenza e migliaia di altre persone sono state arrestate a causa dei loro legami con esse. Alcuni sono stati sottoposti alle forme più severe di tortura, mentre altri sono stati condannati a pene detentive e all’esecuzione capitale. Ma nonostante la dura repressione e gli arresti diffusi, il regime non è stato in grado di annientare questi nuclei di rivoluzionari, al contrario la tendenza alla loro formazione è aumentata in tutto il Paese.

A livello internazionale la Repubblica islamica ha ancora tanti alleati dalla Russia a Hezbollah in Libano. Quale Paese sta denunciando di più i crimini del governo iraniano?

Altro elemento di queste ondate di proteste è la carenza di forze antisommossa per via della fuga di molti soldati, in fuga dalla moltitudine inferocita, che ha portato il regime ancora una volta a svelare la sua natura profondamente antisociale e inumana; ha impiegato bambini nelle fila dei suoi agenti.

Questa tattica è stata già usata in precedenza sempre dal governo dei Mullah. Khomeini, infatti, fece lo stesso all’epoca della guerra tra Iran e Iraq, quando vennero distribuite nelle scuole chiavi di plastica che avrebbero dovuto aprire le porte del paradiso, bambini mandati a sminare i campi; sacrifici umani nel vero senso della parola, per aprire le strade sui campi minati ai soldati. Ma questa è la natura criminale e inumana del regime.

Che cosa prevedi per i prossimi anni? La Repubblica islamica resisterà o le istanze dei giovani vinceranno e ci sarà la democrazia in Iran?

Ora ciò che abbiamo chiaro è che le rivolte sono scoppiate dal 16 settembre e che ormai hanno coinvolto tutte e 31 le province del Paese con 160 città circa, oltre 300 morti, 1000 feriti e più di 15.000 arresti.

È in arrivo una rivoluzione democratica, il rovesciamento del regime dei mullah potrà avvenire primo o poi, non c’è dubbio che avverrà, nonostante la persistenza della politica di accondiscendenza verso i teocratici, vedi il silenzio assordante della comunità internazionale. Non si sta infatti levando alcuna forte posizione di condanna verso la repressione delle proteste, se non dalle persone comuni a livello internazionale.

Grazie Virginia per il tuo coraggio e la tua forza nell’informare le persone su che cosa stia realmente accadendo in Iran.

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Post Author: Valeria Cudini

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