8 marzo, partiamo dalle donne: il trauma migratorio

In occasione della Giornata internazionale della donna vogliamo parlarvi di un fenomeno non sufficientemente analizzato che riguarda le donne migranti: il trauma migratorio.

Il Progetto europeo Simple, portato a Bologna da Antoniano Opere francescane Onlus in collaborazione con l’Associazione Approdi e STePS, intende fronteggiare questo fenomeno poco conosciuto ma estremamente complesso che può avere conseguenze serie sui migranti sia in termini psicologici sia d’integrazione. Un tema che in questo momento è più attuale che mai con le continue e drammatiche immagini che ci arrivano dall’Ucraina da cui la maggior parte della popolazione sta fuggendo

di Valeria Cudini

I dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) sono a dir poco drammatici. Nel 2020 in tutto il mondo sono state costrette a fuggire 82,4 milioni di persone per motivi che vanno da persecuzioni a conflitti, da violenza generalizzata a violazione dei diritti umani. Si tratta, tra l’altro, di numeri destinati a salire in fretta proprio a seguito del conflitto in Ucraina. La stima di UNHCR è di arrivare ad avere fino a 4 milioni di rifugiati soltanto nelle prossime settimane. Dopo la Grecia, l’Italia rappresenta il punto d’ingresso per tutti coloro che fuggono dalla guerra e dall’instabilità economica.

A oggi nel nostro Paese vivono stabilmente più di 5 milioni e mezzo di stranieri e di questi più della metà, il 52,4%, sono donne (Fonte: XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021, ISMU).

Essere costretti a fuggire da dove si è costruita la propria vita può generare, oltre a quanto già sappiamo, una vera e propria lacerazione interiore che mina l’esistenza. I migranti lasciano casa, famiglia, lavoro, ruoli sociali e sono costretti a intraprendere un faticosissimo percorso di ridefinizione della propria identità. Questo processo non avviene certo in maniera neutra, anzi espone queste persone a forte stress se non a trauma estremo.

Sono le donne a pagare il “prezzo” più alto

«Le donne che attraversano le rotte migratorie dei canali cosiddetti “irregolari”, secondo la nostra esperienza, sono le persone che pagano il prezzo maggiore: sono le più esposte, le meno tutelate e le meno difese – spiega Diego Manduri, psicologo dell’organizzazione di volontariato Approdi,che ha partecipato a Progetto Simple-.Il loro trauma – aggiunge Jasmeen Shehata, referente del progetto Simple per Antoniano – spesso inizia nel Paese di origine, generalmente a causa di un evento drammatico come una catastrofe ecologica, una guerra, un’epidemia, persecuzioni e difficoltà ad accedere a cibo, istruzione e salute. Una volta arrivate in Italia, secondo quanto emerge dal nostro osservatorio, oltre a vivere in prima persona il trauma del viaggio, vivono il distacco dal proprio Paese di origine e un forte cambiamento della loro vita, tendono a farsi carico anche delle difficoltà di tutto il loro nucleo familiare. Per questo abbiamo deciso di focalizzare l’attenzione proprio sulle donne».

Le donne fuggite sono tutte vittime di violenze atroci

«Tutte le donne che hanno attraversato la rotta balcanica e le rotte sub sahariane sono donne che hanno incontrato, vissuto, sperimentato e subito violenze atroci – aggiunge Diego Manduri -. Oggi in Italia non mancano spazi adeguati di accoglienza, ma bisogna potenziare urgentemente servizi di cura e supporto; grazie a Progetto Simple abbiamo instaurato con le migranti vittime di trauma migratorio delle relazioni che hanno consentito loro di esprimere l’inenarrabile attraverso il metodo non verbale e la comunicazione illustrata. Tutto ciò che hanno vissuto, infatti, difficilmente avrebbe trovato spazio attraverso la parola».

Il metodo d’intervento si basa su stabilizzazione, narrazione e integrazione

Nelle situazioni di trauma estremo Approdi interviene basandosi su tre pilastri: la stabilizzazione atta ripristinare una corretta sensazione di sicurezza che consenta alla persona di non sentirsi in costante pericolo e affrontare i sintomi del trauma; la narrazione, per aiutare le donne a esprimere il loro trascorso così complesso utilizzando delle immagini come supporto e l’integrazione, prima delle diverse parti del sé e poi con la società.

Obiettivo del Progetto Simple: la conquista dell’autonomia individuale delle vittime

A partire dall’emersione del trauma pregresso e tramite uno strumento narrativo innovativo come l’uso della graphic novel di Shuan Tan “L’Approdo”, i migranti vengono incoraggiati a raccontare le proprie difficili storie grazie alle immagini suggestive del libro. Questo processo di narrazione basato sulle immagini agevola la ricostruzione dei significati della vita personale e consente d’immaginare percorsi per il futuro. Attraverso le immagini ci si avvicina a ricordi angoscianti, intimi e personali in un contesto protetto in cui si può parlare degli eventi senza subirli nel momento presente.

Un aiuto concreto alle donne vittime di violenza e abusi

«Fame, violenza, abusi, dolore e morte sono la terribile quotidianità che sono costrette a vivere le donne che arrivano nel nostro Paese, pronte a rischiare tutto pur di salvare sé stesse e i loro figli dall’orrore da cui scappano – sottolinea Fra Giampaolo Cavalli, direttore di Antoniano -. Cosa possiamo fare noi per loro? Non possiamo limitarci ad accoglierle e assisterle dal punto di vista materiale e giuridico. Con Progetto Simple, Antoniano ha voluto aiutarle in modo concreto ad affrontare i propri traumi per ritrovare se stesse e la fiducia di una vita diversa per loro e i loro figli. Le drammatiche immagini che ci giungono dall’Ucraina non possono e non devono lasciarci indifferenti. Di fronte a tanta aberrazione, dobbiamo fare di tutto per mettere in salvo i tanti bambini che con le loro famiglie stanno vivendo il dramma della guerra. Dobbiamo accoglierli e aiutarli a superare il terrore che leggiamo nei loro occhi».

Post Author: Valeria Cudini

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