Recensione del film “The Fabelmans” di Steven Spielberg

Abbiamo visto per voi qualche giorno fa l’ultimo capolavoro di Steven Spielberg uscito il 22 dicembre scorso. Si chiama The Fabelmans, indicando con questo nome quella che in realtà è la famiglia Spielberg ma lasciando sottointendere molto se traduciamo letteralmente: gli uomini delle favole o anche gli uomini favolosi. Spielberg qui si mette a nudo e racconta della nascita del suo amore per il cinema e del suo intrecciarsi alle difficili vicende familiari.

Lui, maestro unico, creatore di sogni lascia a ciascuno di noi la certezza che se crediamo davvero in qualcosa nulla è impossibile e dobbiamo far di tutto per realizzarla. Una grandissima lezione di cinema di un regista che, ancora una volta, si conferma immenso. Da vedere assolutamente

di Valeria Cudini

Introduciamo il film

Se per caso non avete ancora guardato il trailer e nemmeno letto la sinossi del film The Fabelmans, ma decidete comunque di andare a vederlo – in primis perché è Spielberg, e un film di Spielberg va visto a prescindere da tutto, in secondo luogo perché sapete che è un film autobiografico -, avrete una grande sorpresa.

Sì, perché Spielberg per questo film sceglie di dedicarsi al racconto autobiografico ma solo di una parte precisa della sua vita, ovvero quella che inizia nel 1952 quando ha solo 6 anni e per la prima volta insieme ai suoi genitori si reca al cinema per vedere il film Il più grande spettacolo del mondo di Cecile B. De Mille. La narrazione attraversa poi l’adolescenza e giunge al momento di svolta che segna il vero e proprio inizio della sua carriera: l’incontro con il regista John Ford.

Da sinistra Burt Fabelman (Paul Dano), Sammy Fabelman giovanissimo (Mateo Zoryan Francis-DeFord) e Mitzi Fabelman (Michelle Williams) in The Fabelmans

Perché la scelta autobiografica e solo del periodo infanzia-adolescenza?

Perché Spielberg fa questa scelta? Perché decide di ripercorrere gli anni della sua vita che sono stati determinanti per comprendere che cosa stava accadendo alla sua famiglia e perché, a partire dalla visione del suo primo film, il fuoco sacro per la settima arte non ha mai smesso di ardere.

L’avvio del film è cinema allo stato puro e racconta tutta l’emozione e lo stupore di un bambino che, di fronte al grande schermo e alle immagini eccezionali che vede, subisce un vero e proprio shock: l’innamoramento. L’episodio dell’esplosione del treno diventa lo spunto necessario per Sammy (il bambino protagonista che in realtà è l’alter ego di Spielberg) per riprodurlo con il suo treno giocattolo e per farlo diventare il suo primo filmino con tanto di effetti speciali “casalinghi” ma davvero efficaci. In queste sequenze iniziali emerge in maniera chiara tutto l’amore per il cinema e traspare netto il desiderio del bambino di farlo diventare “suo”. Per sempre.

Il padre di Spielberg, nel film Burt (nella vita Arnold) e qui interpretato da Paul Dano (Il petroliere, The Batman), un uomo di scienza dalla brillantissima carriera nell’elettronica, pur non opponendosi alle aspirazioni del figlio insiste nel considerarle soltanto un hobby. Sam (interpretato da un eccellente Gabriel LaBelle) fa di tutto per far capire a suo padre che si sbaglia, che lui vuole davvero fare cinema e lo dimostrerà nel corso degli anni dell’adolescenza documentando le vicende della sua famiglia girando film amatoriali, man mano sempre più elaborati, in cui si metterà alla prova mostrandoci in fieri quello che sarà poi il suo genio.

A 16 anni Sam si dimostra già essere un acuto osservatore e narratore della realtà familiare che lo circonda. È attraverso l’occhio della cinepresa che a poco a poco il ragazzo capisce che cosa sta accadendo a sua madre Mitzi (una Michelle Williams – premio Oscar ne I segreti di Brokeback Mountains, eccezionale interprete di Blue Valentine – in un assoluto stato di grazia) che comincerà a vedere anche come una donna che sta entrando in pieno stato depressivo.

Mitzi Fabelman (Michelle Williams) e il giovane Sammy Fabelman (Mateo Zoryan Francis-DeFord)

Oltre alle sorelle di Sammy, alla famiglia Fabelmans fa da elemento collante lo zio putativo Bennie (l’attore e filmaker Seth Rogen) che i ragazzi amano per la sua personalità libera, divertente e vivace ma che ben presto sarà il motivo della crisi di Mitzi in bilico tra l’appartenenza affettiva familiare e il rapporto tutto emotivo con Ben man mano sempre più intenso e difficile da gestire.

Seth Rogen è Bennie Loewy in The Fabelmans

Le nostre impressioni

The Fabelmans è il manifesto d’amore di Spielberg per il cinema e, badate bene, non solo quello così detto “alto”, ma tutto il cinema. La sostanziale differenza nel fare buon cinema o no sta nell’occhio del regista che guarda e sceglie che cosa farci vedere e che cosa no.

Con questo film Spielberg ci conduce per mano mostrandoci come un sogno si possa realizzare se impariamo a padroneggiare al meglio gli strumenti del mestiere e, soprattutto, se si sceglie di essere unici. Lo sguardo, la prospettiva che mettiamo nel realizzare un film, e quindi il taglio cinematografico, ci consentono di mostrare la realtà che noi vogliamo. I registi diventano dei “creatori” ma anche, quando lo decidono, dei manipolatori della realtà.

Uno dei tanti tocchi geniali di questo film, infatti, è proprio la dimostrazione, quasi fossimo di fronte a una vera e propria lezione di cinema, di come lo stesso evento possa trasformarsi, o addirittura scomparire, a seconda di che cosa il regista sceglie di far vedere allo spettatore.

Una grande prova di un regista immenso. Un film che ci fa innamorare ancora di più del cinema e del cinema di Spielberg. Il regista ha scelto di mettersi a nudo anche con tutte le sue fragilità e la sua storia più intima. Ha fatto così un centro perfetto. E noi non possiamo che amarlo ancora di più. Grazie!

Gabriel LaBelle è Sammy Fabelman in The Fabelmans

Post Author: Valeria Cudini

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