Recensione in anteprima del film “BROKER – LE BUONE STELLE” di Kore-eda Hirokazu

Da oggi, 13 ottobre, nelle sale italiane il film Broker – Le buone stelle del regista Kore-eda Hirokazu (Palma d’Oro a Cannes nel 2018 con il bellissimo Un affare di famiglia). La pellicola ha, tra i protagonisti, Song Kang-Ho, l’attore, per intendersi, di Parasite premiato quest’anno a Cannes per la miglior interpretazione maschile in questo film.

Il film è un leggiadro inno alla vita, carico di speranza anche laddove non parrebbe essercene

di Valeria Cudini

La trama

Ad aprire il film Broker – Le buone stelle una scena molto simile a quella che avevamo già visto in Parasite dove i protagonisti corrono sotto una pioggia battente di notte. Anche qui è notte, siamo a Bausan, piove a dirotto e la scena di apertura vede protagonista una ragazza di spalle che ha in mano qualcosa. Ben presto capiremo che la ragazza tiene in braccio un neonato che abbandonerà in una culla della vita – una versione moderna delle antiche ruote dei monasteri. La ragazza lascia nella culla un biglietto ma i due che si trovano dall’altra parte lo butteranno e, soprattutto, prenderanno il bambino dopo aver provveduto a cancellare il video della deposizione.

Chi sono i due? Il primo è il gestore stra indebitato di una lavanderia (il “nostro” Song Kang-Ho) e il secondo è un ragazzo cresciuto in un orfanotrofio (Gang Dong Won). I due compari hanno messo in piedi un business illecito di adozioni in nero per soddisfare coppie disperate disposte a pagare cifre alle stelle.

Raccontato così sembrerebbe un film dove empatia e sentimenti semplici e innati come l’amore per un innocente sono calpestati in nome del dio denaro, in realtà non è proprio così. E qui, a mio avviso, sta tutta la grandezza del regista che, in questo film è anche sceneggiatore e montatore.

Dopo pochissimo tempo la madre (Lee Ji Eun) si rifà viva e i due decidono di portarla con loro alla ricerca della migliore famiglia adottiva per suo figlio.

Il parere

Inizia così un on the road pieno di colpi di scena, sentimenti che nascono andando a rifondare il concetto di famiglia. Ci si commuove, a volte si ride, si sta sulle spine. Lo spettatore, infatti, non può che essere complice di questa nuova idea di famiglia che va man mano formandosi dall’incontro di esseri umani disperati. L’incontro tra i tre – che poi, senza volervi spolierare troppo, diventerà a quattro (verrà accolto all’interno anche un bambino senza famiglia che è una forza della natura) -, si fa occasione salvifica e punto di partenza per una nuova idea di stare insieme.

Il viaggio a tratti surreale dei quattro è seguito a distanza da due poliziotte (una di esse è interpretata dall’attrice Doona Bae) che indagano sul traffico di bambini e anche su uno strano omicidio avvenuto in un hotel.

Il film ha un tocco di grazia che consente allo spettatore di muoversi con lentezza all’interno del dipanarsi della storia. Un percorso che lo porta a sentire insieme ai personaggi le emozioni che provano e a cambiare prospettiva insieme a loro.

È una storia carica di umanità e di speranza narrata con gentilezza e priva di qualsiasi giudizio morale. Chi si fa a tratti carnefice è stato a sua volta vittima. L’animo umano è indagato nelle sue profondità e anche quando la condotta dell’uomo appare discutibile, il regista pare volerci indicare il colpevole: è la società che si è svuotata dei valori principali.

Nessun vero dito puntato. Torniamo a essere umani ci sussurra da dietro le quinte Kore-eda Hirokazu.

Post Author: Valeria Cudini

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