Recensione in anteprima del film ONE SECOND

Esce oggi 16 dicembre il nuovo film di uno dei registi più importanti e più influenti in Cina: Zhang Yimou. Distribuito da Fenix Entertainment ed Europictures, il film è un piccolo gioiello per veri amanti del cinema. Da vedere con attenzione ai dettagli

di Valeria Cudini

Vorrei iniziare a raccontarvi del film One Second, che ho avuto l’onore di vedere in anteprima oramai una ventina di giorni fa, prendendo in prestito le parole di Zhang Yimou, uno dei registi più importanti e più influenti in Cina e apprezzatissimo anche nel nostro Paese; per intendersi il regista di Lanterne Rosse (1991, vincitore del Leone d’Argento al Festival Internazionale di Venezia e nominato come miglior film straniero agli Academy Awards®) e ancor prima di Sorgo Rosso (1987, vincitore dell’Orso d’Oro al 38° Festival Internazionale del cinema di Berlino. “I film ci accompagnano mentre cresciamo. I sogni ci accompagnano per tutta la vita. C’è sempre un film in particolare che si ricorda per tutta la vita, e forse non solo il film stesso, ma anche il tipo di aspettativa che cattura… un desiderio di guardare le stelle. One Second è dedicato a tutti coloro che amano i film”.

Il film ha subito la censura

One Second è un film ma è anche per moltissima parte un metafilm, cioè un film che riflette sull’amore per il cinema. Parlare di cinema e di che cosa esso rappresenti per la popolazione cinese a tempi di Mao è un atto coraggioso. La pellicola, e con essa anche il suo regista sceneggiatore, ha infatti dovuto scontare la censura cinese ancora oggi. Il film sarebbe dovuto uscire nel 2019 per partecipare al Festival di Berlino per cui era stato selezionato, ma il giorno prima dell’uscita è stato ritirato per “motivi tecnici di post-produzione”! Si è dovuto così aspettare fino al 9 dicembre di quest’anno perché la Cina autorizzasse di proiettarlo per la prima volta.

In questi due anni il regista ha lavorato a tagli di passaggi ritenuti scomodi e a vari aggiustamenti. Resta però evidente anche nella pellicola che oggi, 2021, ci è concesso di vedere, l’aspra critica mossa al regime cinese che, tra le tante limitazioni dei più semplici diritti, obbligava la gente a vivere separata tra diversi distretti e ad assecondare il partito. E allora, in un orrendo clima cupo dove la libertà rimane solo una parola svuotata completamente di significato e l’essere umano si aggira rassegnato tra terre desolate e oscurità della notte, il cinema rappresenta forse l’unico momento possibile di luce e di aggregazione. È bellezza, felicità, speranza.

Una dichiarazione d’amore per il cinema

In One Second, infatti, il proiezionista viene chiamato addirittura con il nome di Mr Cinema e omaggiato dal popolo come un sovrano. Mr Cinema è l’illusionista che mette in moto i sogni, che regala un mondo in cui tutto pare possibile. La proiezione di un film diventa un momento di svago e di aggregazione. Un vero e proprio evento. È quell’evasione che alimenta tutti quei desideri e quelle aspirazioni ripetutamente soppresse dal regime. D’altra parte, però, nella pellicola di Yimou emerge anche con chiarezza che per lo Stato cinese il cinema è un ulteriore strumento di propaganda politica a cui gli spettatori, come vediamo qui, sono costretti a sottoporsi (il film proiettato mostra dei soldati che con pathos cantano “Muori da eroe”).

La trama

Il film narra la storia di due protagonisti, uno maschile e uno femminile, Zhang e Liu.

Zhang è evaso da un campo di lavoro forzato e vaga per il deserto con l’intento di raggiungere un villaggio dove, insieme alla proiezione di Eroic Sons and Daughters, si abbina un cinegiornale di propaganda numero 22 in cui compare, solo per un secondo, l’immagine di sua figlia che non vuole più vederlo da quando è stato arrestato.

E poi c’è Liu, una ragazzina orfana che da sola deve occuparsi di suo fratello e che cerca di procurarsi una pellicola per riparare un paralume di una lampada ricevuta in prestito che il fratellino ha rotto. La ragazzina ruba la pellicola del film che dovrebbe essere proiettato, Zhang la vede e comincia a rincorrerla. Quella “pizza” è l’oggetto del desiderio di entrambi perché rappresenta una possibilità: per Zhang di rivedere sua figlia, per la piccola Liu di riparare a un danno senza dover incorrere in pesanti conseguenze.

Attraverso i due protagonisti, che si rincorrono quasi a giocare al gatto e al topo, il regista mette in scena due storie d’amore puro: l’attaccamento e la devozione di un padre verso sua figlia, che si traduce in una ripetizione ossessiva della visione del cinegiornale dove un secondo, se ripetuto all’infinito, può equivalere all’eternità, l’eternità dell’amore di un padre per una figlia; e l’amore fraterno di una ragazzina che cerca di sopperire alla mancanza dei genitori per il fratellino più piccolo anche se lei stessa avrebbe bisogno di essere accudita.

L’amore è il motore che muove tutto

Il film ci parla quindi di attaccamento alla famiglia, di quanto, pur nella totale desolazione, povertà, nel rischio, si sia disposti a fare per provare a mantenere ancora integra l’unica cosa che può significare ancora “appartenenza”.

E l’amore è il concetto universale che sottende tutto il film. L’amore per la famiglia e l’amore per il cinema a partire dalla materia stessa che lo compone: la pellicola. La pellicola da riparare, trattata con la stessa cura e lo stesso amore devoto che si ha, appunto, per un figlio.

La cura per l’uso delle luci, per le inquadrature, per i primi piani, per le atmosfere evocative.

La mano registica è preziosissima nella sua poetica eleganza, nell’andare attraverso piccoli gesti all’essenza delle cose.

Quanto è grande questo piccolo gioiello. Quanto dobbiamo sentirci fieri di poter assistere al miracolo del cinema, di un cinema come questo.

Post Author: Valeria Cudini

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