“Je so’ pazzo”… Maradona, una vita sempre al massimo

In questo annus horribilis se ne va anche Diego Armando Maradona a seguito di un arresto cardiorespiratorio. Il mondo del calcio, il mondo sportivo tutto e le persone comuni piangono l’idolo che ha fatto sognare il Napoli, i napoletani e intere generazioni di tifosi, che descrivono questa perdita pari a quella di un familiare. A Napoli dicono che Maradona era uno di loro, un fratello, lo paragonano a San Gennaro. Raccontarne qui tutte le gesta sarebbe troppo pretenzioso, perché siamo di fronte a una leggenda che, in quanto tale, non necessita di spiegazioni. Poco più di un anno fa Nexo Digital e Leone Film Group avevano portato sul grande schermo, seppur per pochi giorni, il docu-film “Diego Maradona” – Ribelle. Eroe. Sfrontato. Dio del regista premio Oscar Asif Kapadia. Un documentario con interviste esclusive a Diego Maradona e con immagini tratte dal suo archivio personale di oltre 500 ore di filmati mai visti prima. Il regista ne parlava così: “È così sveglio e scaltro. Non importa quante volte fallisce, si rialza sempre e va avanti. Com’è possibile che una persona con le sue origini passi tutto quello che ha passato lui senza risentirne? È un vero lottatore – proseguiva Kapadia “e la sua è una storia che morivo dalla voglia di raccontare”. A Napoli diventa simile a un semidio. “Eppure in qualche modo non riesce mai a integrarsi del tutto. Ha tanta rabbia che si porta dentro e tutti i suoi problemi e le sue difficoltà derivano, credo, dal suo non essere preparato alla celebrità”.

Noi di #alpassocoitempi abbiamo fatto una scelta di cuore e di pancia affidandoci alle parole della nostra appassionata di calcio Francesca. Buona lettura

di Francesca Ratti

Maradona è meglio e’ Pelé…”.

Quante volte da bambina ho ascoltato questo coro allo stadio, cantato da tifosi del Napoli estasiati dalle prodezze del loro campione.

Ieri 25 novembre di questo annus horribilis, Diego Armando Maradona è morto, lasciando il mondo del calcio, e non solo, sgomento.

El Pibe de Oro si era già sentito male il 30 ottobre, giorno del suo sessantesimo compleanno, ed era stato ricoverato in una clinica di La Plata.

Dopo un successivo trasferimento alla clinica Olivos di Buenos Aires, aveva subìto un delicatissimo intervento al cervello per rimuovere un ematoma subdurale, dal quale sembrava essersi ripreso, permettendone addirittura la dimissione e il recupero in un’abitazione privata alle porte della capitale argentina attorniato dai suoi affetti più cari: le figlie, le sorelle e l’’ex fidanzata Veronica Ojedo.

Come si possono sintetizzare la vita e la carriera di Maradona in poche righe? Come spiegare ciò che ha rappresentato? Maradona era il calcio.

Diego, nato povero a Lanús, cresciuto a Villa Fiorito, dove tira i primi calci ad un pallone di stracci.

Diego che debutta in prima squadra con la Argentinos Junior nel ottobre 1976 pochi giorni prima del suo compleanno e passa poi al Boca Juniors in prestito nell’81.

MARADONA NEL BOCA JUNIOR NEL 1981 (Atlantida/Fotogramma, 1993-01-31)

Diego che arriva in Spagna per due stagioni al Barcellona di Menotti e che si infortuna gravemente a causa di un takle durissimo di Goikoetxea ma si rimette in piedi pronto per l’avventura italiana.

Diego che arriva in Italia, a Napoli, grazie a una geniale intuizione del presidente Ferlaino.

È in quel preciso momento che inizia la leggenda: Diego diventa Maradona.

Maradona che porta il Napoli di Ottavio Bianchi a vincere, nel campionato 1986-1987, il primo scudetto e la Coppa Italia.

Maradona che nel 1989 porta la squadra partenopea alla conquista della Coppa Uefa e nel 1990 a vincere il secondo scudetto.

Ormai Maradona è un idolo, un simbolo, incarna il riscatto della città.

È uno generoso Diego, sia in campo sia fuori, fino all’ingenuità, si dà anima e corpo a tutti: tifosi, donne, malavitosi e spacciatori.

Maradona che il 17 marzo 1991, dopo un controllo antidoping terminata la partita Napoli-Bari, viene trovato positivo alla cocaina. Gli verrà comminato un anno e mezzo di squalifica.

Argentinian soccer player Diego Maradona (C) is removed by police from a Buenos Aires apartment, 26 April 1991, after being arrested for possession of half-kilo of cocaine. Maradona was suspended by the Italian League 29 March 1991, after an analysis of his urine tested positive for cocaine. (Photo by DANIEL LUNA / AFP)

Maradona che ricomincia al Siviglia guidato da Carlos Bilardo, già c.t. dell’Argentina ai Mondiali ’86 e ’90.

È proprio con la maglia della Selección che porta la sua Nazionale a vincere la Coppa del Mondo in Messico nel 1986, battendo 3-2 in finale la Germania.

Maradona segna 5 gol e crea 5 assist nelle 7 partite giocate, ma, in particolare, nel secondo tempo dei quarti di finale con la Nazionale inglese, segna le due reti che lo consacreranno per sempre alla storia: quella chiamata “la mano de Dios”, segnata di pugno a Shilton e “il gol del secolo”, arrivando in rete da centrocampo dopo aver scartato mezza squadra avversaria.

Maradona che a Italia ’90 prende una batosta proprio dalla Germania, e che a Usa ’94 viene trovato nuovamente positivo al doping, stavolta efedrina, uno stimolante.

Maradona che continua a vivere  per il calcio, che allena, viaggia, frequenta capi di Stato, partecipa a trasmissioni tv, si spende fino all’ultimo respiro mai domo.

Diego che non è mai riuscito a fare i conti con Maradona, lui così generoso e fragile quanto inarrivabile il mito e la responsabilità che ne deriva.

Ci mancherai Dieguito, mancherà il tuo genio, forse un po’ meno la tua sregolatezza.

Ma chi siamo noi per giudicare il profondo della tua anima e le scelte che hai compiuto?

Rimane scolpito nella mia memoria il suono gioioso del coro di un lontano Milan-Napoli, “Maradona è meglio e’ Pelé…”.

Grazie Diego!

Post Author: Francesca Ratti

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