Recensione di “XY” di Sandro Veronesi (La nave di Teseo)

Esce oggi ripubblicato da La nave di Teseo il romanzo di Sandro Veronesi XY pubblicato esattamente dieci anni fa da Fandango. Se la ripubblicazione dopo dieci anni è possibile perché sono scaduti i diritti di appartenenza del romanzo alla precedente casa editrice, e l’idea de La nave di Teseo è quella di ricomporre pian piano tutto il catalogo di Veronesi, autore per ben due volte vincitore del Premio Strega (2006 con Caos Calmo e quest’anno, 2020, con Il Colibrì), oggi l’uscita di questo libro scritto, ribadiamolo, dieci anni fa, ha ancor più valore perché assume i contorni funesti di una profezia che ci riporta dritti al nostro incubo quotidiano: il coronavirus

di Valeria Cudini

Pronti ad affrontare un viaggio all’interno della psiche umana?

Confesso: non avevo letto XY dieci anni fa quando è uscito e – chiedo venia – quando mi è stato proposto in lettura da La nave di Teseo, non ne sapevo assolutamente niente. Questa condizione, però, non credo sia stata uno svantaggio per me, anzi. E così la curiosità mi ha mossa a compiere un viaggio inaspettato, che ha dell’incredibile. Perché intanto si “entra” nella comunità isolata di Borgo San Giuda, paesino inventato del Trentino con solo 42 anime – e questo è un primo livello -; poi c’è il vero viaggio, quello più profondo e che sottende a tutto il romanzo ed è il viaggio all’interno della psiche dei due personaggi protagonisti, Giovanna e don Ermete, e delle figure di contorno: gli abitanti di San Giuda. Questi, personaggi trasfigurati di un infausto presepe, sono ormai anime perse, ciascuna affetta da un insolito disturbo psichiatrico scatenato o aggravato da quel maledetto giorno in cui si è consumata la strage che dà l’avvio alla storia.

Veronesi prende in prestito situazioni dal genere thriller e dall’horror

Il tragico evento si è consumato nei boschi intorno a San Giuda ai piedi di un albero che, come accade nei migliori thriller/horror, anche se in realtà XY non appartiene a questo genere romanzesco, appare ghiacciato e di un rosso vivo pulsante, intriso di sangue. Undici i morti ai piedi di quest’albero – che assurge immediatamente a simbolo del terrore -, vite spezzate nello stesso esatto momento e nello stesso luogo, ma ciascuna in modo diverso. Sembra quasi una manifestazione universale di ferocia, una sorta di punizione che ha contorni sia del divino sia del sovrannaturale/demoniaco. La stranezza, o forse sarebbe meglio dire particolarità, è che la strage, per come si presentano i corpi, è avvenuta sì in contemporanea ma con modalità completamente diverse. Tra le vittime si possono enunciare: una donna violentata e strangolata, un’altra morta per un’overdose, una vittima di cancro e una decapitata, una donna soffocata da un boccone, una espiantata e una suicidata, una sventrata e una sbranata da uno squalo. E qui mi fermo. Ciò che è accaduto ha dell’impossibile eppure è successo.

Eventi che assumono contorni del sovrannaturale

Così come ha del sovrannaturale quello che accade a Giovanna, la giovane psichiatra, che in teoria dovrebbe rappresentare la scienza, la ragione. Una mattina si sveglia con una ferita riaperta a un dito che quindici anni prima l’aveva costretta a cambiare vita.

La cicatrice. Ma com’è possibile? Come diavolo è possibile? Eppure è proprio la cicatrice: si è riaperta. Ma non è possibile che si sia riaperta – dopo quanto? Era l’ultimo anno in cui facevo le gare, avevo sedici anni – dopo quindici anni. Eppure è proprio la cicatrice, quella cicatrice. Sì, è lei. S’è proprio riaperta, guarda qui. Si vede l’osso, oh Dio, come quando mi tagliai, quindici anni fa – mi sento male, svengo. Si vede l’osso, il sangue continua a uscire a fiotti, io mi sento male ma devo fermarlo, devo fare qualcosa”.

L’autore ci avvinghia a sé e non ci lascia più andare

Un’idea dalla forza potentissima: far riaprire una cicatrice per davvero e non solo in senso figurato. Un’immagine che ci spalanca un mondo sul personaggio di Giovanna e che ci fa drizzare le antenne. Che cosa nasconde questa giovane donna? E come si collega questo evento alla strage di borgo San Giuda? L’ulteriore stranezza è che la riapertura della ferita si è verificata esattamente nell’orario in cui è avvenuta la strage.

Il lettore è così sempre più avvinto, ormai l’autore lo ha preso a sé e non lo mollerà più.

In realtà si tratta di un romanzo psicologico. Il mistero non si risolve

Il mistero si fa sempre più fitto, eppure ben presto capiremo che il libro che stiamo leggendo non è né un thriller né un horror ma un romanzo psicologico, che non può perciò offrire soluzioni agli efferati delitti che hanno segnato così profondamente le vite degli abitanti di borgo San Giuda.

Siamo noi con la ragione o con la fede, come tenta, invano, di fare don Ermete, a dover trovare dentro noi stessi la strada dell’accettazione. Molte follie, spesso definite raptus, paiono impossibili e per preservare la nostra mente da shock e deviazioni preferiamo archiviarle, definirle sotto falsi nomi. Così come accade all’interno del romanzo di Veronesi: autorità di governo, magistrati, polizia e persone comuni scelgono di ricondurre la strage di San Giuda a spiegazioni più “rassicuranti” come il terrorismo islamista.

Eppure leggendo oggi questo libro dobbiamo dar ragione a quanto Veronesi, ormai già dieci anni fa, ha giustificato più volte ad affamati lettori in cerca di soluzioni: il perché non le abbia proposte.

L’accettazione è l’unica via quando il male si svela con tutta la sua potenza

Occorre saper accettare che il male può arrivare, anche in un attimo; avvolgerti e prenderti senza darti una spiegazione né scientifica né religiosa del suo perché.

È come la peste manzoniana, una malattia del mondo, il “nostro” coronavirus.

Perché leggere XY? Le mie impressioni

XY è un romanzo che ti scuote dentro, scritto con una prosa sempre efficace, che ti trascina dentro la storia. Il tutto è amplificato dalla narrazione alternata dai due differenti punti di vista: quello della psichiatra e quello del prete. In più, il ricorso magistrale al discorso indiretto libero, è funzionale a far emergere con forza il pensiero dei personaggi protagonisti. La scrittura è bellissima: agile, puntuale e affilata come una lama. Il ricorso all’ironia e alla spontaneità del parlato di Giovanna favorisce l’immedesimazione del lettore che simpatizza subito con la giovane psichiatra.

Lo scavo nell’animo umano è così forte da sentirlo quasi come quella ferita di Giovanna che si riapre dopo molti anni.

XY è un romanzo universale che si presta a più livelli di lettura e che, se teniamo sempre in mente il fatto che è stato scritto dieci anni fa, appare davvero profetico.

È una lettura che consiglio vivamente.

Post Author: Valeria Cudini

1 thought on “Recensione di “XY” di Sandro Veronesi (La nave di Teseo)

    Fabio

    (9 Aprile 2021 - 13:27)

    Questo libro è spiazzante, si presenta come un giallo o un thriller ma non è niente di tutto questo, è un’altra cosa. Le undici vittime rinvenute nei boschi di un paesino sperduto tra le montagne, più una bimba scomparsa, costituiscono, nell’ambito della storia, una provocazione. A mio modesto parere Veronesi provoca, volutamente, il lettore mettendolo di fronte all’inspiegabile. Fino da subito l’autore ti mette in guardia rispetto all’aspettativa di una spiegazione finale, ti fornisce molti spunti narrativi dai quali dovresti ragionare sul fatto che una spiegazione finale non potrà esserci in quanto ogni tentativo in tal senso riuscirebbe come una banale arrampicata sugli specchi. Nella storia la condizione della “inspiegabilità” costituisce il piano di lavoro dell’autore ma anche quello del lettore. L’oggetto narrativo del romanzo non è costituito dal fatto come tale ma è costituito dall’assoluta incompatibilità di questo con le leggi che governano la realtà e, con essa, le nostre categorie mentali. La scienza stessa viene messa fuori gioco, la scienza intesa nella sua essenza profonda di “metodo” per la comprensione dei fenomeni diventa, a sua volta, uno strumento inutile. La dottoressa Giovanna, medico psichiatra e specializzanda in psicanalisi freudiana, è costretta a rendersi conto del fatto che il suo sapere non avrà nessuna possibilità di chiarire alcunché. Il suo bagaglio di cultura scientifica si rivelerà una valigia piena di niente rispetto a ciò che la realtà stessa può mettere in atto e che questa può cambiare le regole del gioco come e quando le pare. La dottoressa Giovanna costituisce uno dei due io narranti del romanzo, l’altro è quello di don Ermete, il parroco della piccola comunità. Le due voci narranti costituiscono la rappresentanza delle due modalità primarie del funzionamento della mente umana: quello scientifico di Giovanna e quello religioso del prete. Scienza e religione, conoscenza e fede. Se nel dibattito accademico quotidiano scienza e fede vengono considerati l’uno l’opposto dell’altro ecco che nel romanzo vengono, invece, messi dalla stessa parte: due strumenti certamente diversissimi ma uniti nella ricerca della verità. Al cospetto di un evento la cui straordinarietà supera ogni limite plausibile ogni modalità di funzionamento della mente deve essere messa in campo per tentare di venirne a capo. A mio parere la posizione del prete si rivela quella più adatta per scalare la montagna dell’incomprensibile. Il sapere scientifico, che in quanto tale si muove all’interno di circuiti fatti di leggi e definizioni, non è in grado di aprire nessuna porta nei confronti dell’evento straordinario degli 11 morti rinvenuti nel bosco mentre la fede si rivelerà una porta aperta su una molteplicità di ipotesi. Del resto là dove non è possibile capire si può solo credere. Il finale, con il ritrovamento dopo due mesi della bambina scomparsa, costituisce la ciliegina sulla torta di una storia con la vocazione dell’infinito: tutto questo può accadere, anzi, forse accade continuamente e non ce ne rendiamo conto. La conoscenza, o quella che si ritiene tale, in questa storia viene ridotta al rango di fede, cioè: là dove credi di aver capito, in realtà si tratta di un credere d’aver capito. In questo lavoro riaffiorano il senso del peccato e l’esistenza di Satana. Attraverso un ragionamento teologicamente impeccabile ci ricorda che la fede in Cristo ci obbliga anche alla fede nel Demonio: questo è chiaro a chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i Vangeli. XY costituiscono, in algebra e matematica, il simbolo dell’incognita e se nelle scienze esatte alla fine di un’equazione le incognite vengono rivelate nella vita reale non è così, la Verità non si rivela grazie alla risoluzione di un’equazione ma si rivela solo se Essa stessa decide di rivelarsi.

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