A tu per tu con Gabriella Greison, “la rockstar della Fisica”

Quando parliamo di Fisica, in particolare Fisica Quantistica, la prima idea che ci sovviene alla mente è che si tratti di una materia noiosa, ostica e avulsa dalla realtà.

Tutto ciò non corrisponde al vero, come ci dimostra Gabriella Greison, “la rockstar della Fisica” come l’ha definita il Corriere della Sera.

Fisica, giornalista professionista, scrittrice, drammaturga e attrice teatrale italiana, Greison si laurea in Fisica all’Università Statale di Milano e in seguito lavora per due anni a Parigi all’École polytechnique di Palaiseau.

Negli anni ha collaborato con Radio Popolare, RAI Radio Due, Radio Deejay, il Manifesto, la Gazzetta dello Sport, RAI Due, RAI Tre e RAI Italia in qualità di giornalista e divulgatrice. Dal 2013 al 2016 ha scritto reportage per Il Fatto Quotidiano e da marzo 2019 collabora con Repubblica scrivendo di fisica e scienza.

È ideatrice, direttrice artistica e curatrice del primo Festival della Fisica in Italia, la cui prima edizione si è svolta al Teatro Menotti di Milano.

Greison scrive romanzi, da cui poi trae i suoi monologhi e spettacoli teatrali, che hanno come sfondo la fisica, la fisica quantistica, le donne della scienza e i fisici del XX secolo.

Ricordiamo tra essi  la trilogia sulla fisica quantistica, L’incredibile cena dei fisici quantistici, Hotel Copenaghen e La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall che hanno dato vita ad altrettanti spettacoli: 1927-Monologo quantistico, Faust a Copenaghen e lo spettacolo omonimo.

Un altro romanzo da non dimenticare è Einstein Forever (con lo spettacolo omonimo) dove viene ricostruito il periodo americano dello scienziato dal 1933 al 1955.

Per ciò che riguarda le donne della scienza, Gabriella Greison scrive Einstein e io e lo spettacolo Einstein & me dove ci racconta la vita di Mileva Maric, fisica, prima moglie di Albert Einstein e madre dei suoi figli, e Sei donne che hanno cambiato il mondo dove narra le gesta di Marie Curie, Lise Meitner, Emmy Noether, Rosalind Franklin, Hedy Lamarr e Mileva Maric. Da questo volume è tratto il monologo Due donne ai raggi X – Marie Curie e Hedy Lamarr ve le racconto io.

Greison vuole divulgare la fisica e la scienza anche alle nuove generazioni e per questo si è dedicata alla scrittura di un libro per bambini intitolato Storie e vite di Super Donne che hanno fatto la storia, composto da venti storie per far addormentare felici i piccoli.

Ho avuto la fortuna di poter intervistare  per voi questa eclettica e geniale donna, vi propongo il nostro interessante dialogo.

Di Francesca Ratti

Non state con chi non vi fa fiorire, questo è il suo motto. Perché questa scelta? 

«Una volta che si interiorizza questo motto, la vita ha una svolta. Io invoglio chiunque venga ai miei spettacoli a prendersi cura di sé, a volersi bene. È quello che le grandi donne della scienza mi hanno insegnato a fare. È l’unica maniera per realizzarsi, per trasformare un dolore in arte. Chi fa sua questa frase e la capisce veramente è sempre una persona che non lo sta facendo. Per questo è necessario ricordarla, perché spesso gli eventi della vita, la famiglia, e la quotidianità ce la fanno dimenticare. Cambiate, fiorite. Siamo circondati da chi ci dice “c’è la fila, aspetta il tuo turno”, siamo circondati da chi ci ricorda “di volare basso”, da chi ci dice “abbiamo sempre fatto così”. Il punto è proprio questo: siamo noi che cambiamo le cose. Nel mio libro Sei donne che hanno cambiato il mondo (da cui ho tratto un monologo teatrale che porto in giro ovunque), dico proprio come fare». 

Ci racconti della sua formazione. Come è giunta alla scelta di laurearsi in Fisica? 

«Mi sono laureata in Fisica perché la fisica è puzzle e buonsenso. Ma quando sei al liceo nessuno ti dice che è così e che è il posto più bello del mondo. Lo capisci facendola. E dopo averla fatta capisci di avere in mano le chiavi per aprire tutte le porte che vuoi». 

In quanto donna ha avuto delle difficoltà di accettazione da parte dei colleghi maschi? Oppure la situazione, fortunatamente, è cambiata rispetto al passato? 

«Ho avuto difficoltà, certo. Ma il maschilismo della nostra società non è una cosa sempre evidente. Ci sono maschilismi nascosti. E ci sono maschilismi che scovi soltanto con l’esperienza. All’inizio non hai le armi per capire che esistono, e non li sai riconoscere da semplici atti di bullismo. Pensi che sia normale, a volte, perché intorno hai una massa di gente che “ha sempre fatto così” o ha sempre “visto fare così”. E quindi ti senti sola, e tu sbagliata a pensare male. Invece non è così! L’attenzione va tenuta alta, e per me adesso questo argomento è diventato di assoluta priorità quando faccio qualsiasi spettacolo teatrale o sui social. Ho tantissimi ragazzi che mi seguono, su Instagram (account @gre1son e sito www.GreisonAnatomy.com) sono quasi tutti teenagers i miei followers, e ho il dovere di farli sentire al sicuro, e con una persona fidata accanto. Ma anche quando racconto i grandi della fisica quantistica (nei libri e nei monologhi) trovo sempre il modo di sottolineare questo argomento. In L’incredibile cena dei fisici quantistici c’è Marie Curie che lo fa per me». 

Lei è anche giornalista, scrittrice e attrice teatrale. Come riesce a far coesistere le varie sfaccettature della sua anima e personalità? Il fatto di essere una donna – come si sa siamo multitasking – l’aiuta? 

«Sono io che mi sono “creata” così, mi sono costruita il mio percorso, l’ho tracciato in maniera scientifica, e nulla è lasciato al caso. Curo tutto e studio continuamente. Non mi fermo mai. Quando scrivo un libro voglio scrivere il libro più bello esistente nell’universo e voglio farlo scrivendo competendo con Hemingway; quando recito su un palco lo faccio dando tutta me stessa, e ci sono arrivata dopo un percorso che mi ha fatto capire come si fa, studiando, prendendo lezioni, guardando i più bravi. Faccio tutto così». 

Ci racconti della sua ossessione per la famosa foto del ’27 a Bruxelles 

Gabriella Greison – Foto del ’27

«È la foto che mi ha ossessionato per una vita, la vedevo ovunque da piccola, e dopo cinque anni di ricerche sono riuscita a costruirci sopra una storia. Nessuno l’aveva mai raccontata prima, da quella foto ho creato il mio percorso professionale. È la foto con il più grande numero di cervelli della storia riuniti nello stesso posto. C’erano tutti nel 1927 a Bruxelles, e lì sono stati una settimana. Ho ideato un monologo (chiamato Monologo Quantistico) e solo della foto parlo per due ore. Ho fatto ricerche per cinque anni a Bruxelles negli archivi, intervistando chi ne sa, i parenti, sono diventata amica del figlio di Heisenberg, del nipote di Niels Bohr, del nipote di Schroedinger. Solo della foto, solo delle facce di quella foto, parlo per due ore di fila. Ho scritto anche il romanzo L’incredibile cena dei fisici quantistici perché dopo la foto è stata fatta una cena e ho trovato le otto portate servite, la disposizione delle persone a tavola, e quindi dovevo per forza scriverci un libro. 

Da questi due lavori in poi ho dato vita al mio mondo. Un mondo bellissimo, dove accolgo chiunque. Perché da questi due lavori in avanti ho creato altri libri e altri monologhi. E sono tutti in continua ristampa e li porto in giro tutti sui palchi italiani, e oltre confine. Da cinque anni vivo così». 

La sua Trilogia sulla fisica parte proprio da questa foto. A livello di stesura del testo e di scrittura vera e propria, da dove inizia? 

«Sì, dopo L’incredibile cena mi sono concentrata su Niels Bohr e ho pubblicato Hotel Copenaghen, poi su Heisenberg e ho pubblicato La leggendaria storia di Heisenberg e dei fisici di Farm Hall. Tutte storie strepitose». 

Ha un posto del cuore dove scrive? Un momento della giornata che predilige? 

«Scrivo tutti i miei libri e monologhi nella mia casa a Moranego, nell’entroterra dietro Genova est. Mi rifugio in questa casa immersa nel bosco per trovare il mio mondo interiore. Scrivo sempre, dalla mattina alla sera. E dormo tanto, sogno tantissimo». 

Come capita a molti scrittori, ha un rito scaramantico legato alla scrittura? 

«Non ho riti scaramantici, i fisici non lo sono quasi mai, detestano scaramanzia, oroscopi e altre scemenze del genere. Quando scrivo, però, sono completamente isolata dal mondo, dalla realtà che mi circonda, e questo è stato un bene durante il lockdown. Ho scritto durante i miei quattro mesi di lockdown il mio nuovo romanzo, il primo con la Mondadori, che si chiama Ucciderò il gatto di Schroedinger».

Come nasce l’idea del libro e dello spettacolo teatrale Sei donne che hanno cambiato il mondo?  

«In Sei donne che hanno cambiato il mondo parlo di Marie Curie (1867-1934), Lise Meitner (1878-1968), Emmy Noether (1882-1935), Rosalind Franklin (1920-1958), Hedy Lamarr (1914-2000) e Mileva Maric (1875-1948). Per molti saranno nomi sconosciuti, eppure queste sei donne sono state delle pioniere. Sono nate tutte nell’arco di cinquant’anni e hanno operato negli anni cruciali e ruggenti del Novecento, che sono stati anni di guerre terribili, ma anche di avanzamenti scientifici epocali. C’è la chimica polacca che non poteva frequentare l’università, la fisica ebrea che era odiata dai nazisti, la matematica tedesca che nessuno amava, la cristallografa inglese alla quale scipparono le scoperte, la diva hollywoodiana che fu anche ingegnere militare e la teorica serba che fu messa in ombra dal marito. Le sei eroine raccontate da me non sono certo le sole donne della scienza, ma sono quelle che forse hanno aperto la strada alle altre, con la loro volontà, la loro abilità, il talento e la protervia, in un mondo apertamente ostile, fatto di soli uomini. Sono quelle che hanno dato alla scienza e a tutti noi i risultati eclatanti delle loro ricerche e insieme la consapevolezza che era possibile – era necessario – dare accesso alle donne all’impresa scientifica. Non averlo fatto per così tanto tempo è un delitto che è stato pagato a caro prezzo dalla società. Sono sei storie magnifiche. Non sempre sono storie allegre e non sempre sono a lieto fine, perché sono racconti veri, di successi e di fallimenti. Ma è grazie a queste icone della scienza novecentesca e al loro esempio che abbiamo avuto poi altre donne, che hanno fatto un po’ meno fatica a farsi largo e ci hanno regalato i frutti del loro sapere e della loro immaginazione. Dietro di loro sempre più donne si appassionano alla scienza, e un domani, in numero sempre maggiore, saranno libere di regalarci il frutto delle loro brillanti intelligenze».

Ha proposto l’assegnazione della laurea postuma a Mileva Maric al Politecnico di Zurigo. Pensa che per le donne arriverà prima o poi il giusto riconoscimento dei propri meriti senza bisogno di lottare per ottenerli? 

«Speriamo, io sto facendo di tutto affinché questo avvenga. In Serbia il mio romanzo Einstein e io in cui racconto la vita di Mileva Maric è stato appena tradotto, e hanno comprato anche i diritti per farci un film. La mia proposta di attribuzione di una laurea postuma è ancora aperta, al Politecnico di Zurigo devono ancora rispondermi per la terza volta. Ogni volta che mi danno una risposta che non mi soddisfa (come quando mi hanno detto: “Ma se gliela diamo Mileva deve venire a ritirarla”… Capito l’assurdità?) io la rifaccio di nuovo». 

Ci può anticipare qualcosa riguardo il film in lavorazione? 

«Hanno appena acquistato i diritti, speriamo ne abbiano cura. So che vogliono incentrare il racconto su un doppio filone, una donna che han proposto di dare la laurea a Mileva (io, anche se nel film avrà caratteristiche diverse da me) e la vita di Mileva». 

Ha scritto il libro Storie e vite di Super Donne che hanno fatto la storia dedicato ai bambini. Che differenza c’è nello scrivere, avendo come riferimento un pubblico molto giovane? 

«In questo libro ho scritto venti storie per la buonanotte per bambini, l’ho fatto con l’idea che a loro queste storie interessano molto di più di come diventare principesse. I bambini hanno già capito. Non vogliono aspettare la scarpetta giusta, sono tutti dittatori dei propri sogni. Quindi prendono come esempi di vita da seguire le grandi donne della scienza». 

Il 15 settembre uscirà il suo nuovo romanzo Ucciderò il gatto di Schroedinger. Ci dà una piccola anticipazione? 

«Ho scritto durante i miei quattro mesi di lockdown il mio nuovo romanzo, il primo con la Mondadori, che si chiama Ucciderò il gatto di Schroedinger (è attivo il pre-order sui canali Mondadori Store). Perché nel lockdown abbiamo vissuto tutti come il gatto di Schroedinger, cioè vivi e morti nello stesso tempo. E perché avevo l’esigenza di raccontare adesso di lui, Erwin Schroedinger, uno dei fisici creatori della fisica quantistica, premio Nobel nel ’33, e una vita di estremi. La sua vita non ha nulla da invidiare a Keith Richards o Curt Cobain o Freddie Mercury, ma queste le conosciamo già, ovunque ce le hanno raccontate, mentre di Schroedinger non ci ha raccontato mai niente nessuno. Ci penso io, quindi».

Post Author: Francesca Ratti

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